DIDO FONTANA, “AMEN”
BOCCANERA GALLERY, VIA ALTO ADIGE 176, TRENTO – IT
30 giugno – 16 settembre 2017 | June 30th – September 16th, 2017
testo / text by Valentina Rinaldi
A M E N.
L’esposizione che Dido Fontana presenta presso Boccanera Gallery contiene qualcosa di ardente e violento, una tensione vitale colma di passione.
Amen. La titolazione è già promessa di un paesaggio specifico. Un’allegoria concettuale che, travestita da attraente provocazione, rappresenta i desideri, le ambizioni, l’idea di volontà di potenza che necessita per sua stessa natura, di affidamento, totale accettazione e compimento continuo.
Il raccontare di questa installazione è intenzionalmente provocatorio e crudo. Frutto del coincidere di diversi fattori nel medesimo processo creativo, rappresenta l’occasione per guardare alla volontà di potenza nelle sue epifanie più iconiche (violenza, sesso, libertà di espressione). Sentimenti e sensazioni esplodono in forme espressive disturbanti e inaspettate, passando da un registro astratto a quello figurativo attraverso l’uso di materiali e dimensioni differenti.
L’allestimento concentra provocazioni e suggestioni, dà forma alla pulsione e alla propulsione istintiva che traduce a compimento le intenzioni dell’uomo. Con ironia e determinata, personalissima precisione, il re cannibale si concentra su quelle tensioni ataviche calandole in un’atmosfera suggestiva densa di rimandi di nicciana memoria. Entrando nello spazio espositivo ci si cala in una atmosfera mistica, oscura e densa in cui le forze vitali si muovono e aleggiano come vessilli: l’amore, la conoscenza, l’illuminazione, l’emancipazione, la forza, il comando e la potenza.
Quello che appare agli occhi è una sequenza sinergica di elementi. Una mostra da vivere immersi nella profondità di una suggestione non solo visiva ma anche sonora, in cui gli echi di canti sacri riverberano nello spazio. Un invito ad entrare e abbandonarsi senza preconcetti a un estatico rapimento che preme su quella parte più profonda e istintiva – talvolta allineata e alterata da senso del dovere e senso di colpa – per coinvolgere totalmente lo spettatore e permettergli di sfiorare parti dense e oscure. Senza tabù, manierismi né imbarazzo e censura. Perché Dido Fontana ci ha abituati al suo stile crudo e provocatorio, mai fine a se stesso. E qui, spogliando l’allestimento di ogni orpello immaginifico, restituisce allo spettatore la responsabilità di interpretazione più profonda.
Dido Fontana provoca ancora un volta il nostro sguardo, lo allena nel modo a lui più congeniale, sollecita l’alterazione delle consuete percezioni. Invita a fermarsi e cogliere la centralità del messaggio, perpetuo circolo tra desiderio, immaginazione e crescita.
Copertine di film hard, tracce di un culto clandestino da rinnegare, raccolte e ostentate, riprendono vita e diventano icone parte di un ironico baccanale da spiare (ed espiare) come si fa con i piccoli peccati carnali. Perché è lì che lo sguardo cade. La meccanica. La violenza. La performance. La carne.
L’artista si rivolge all’osceno sublimandolo attraverso la sovrapposizione di sigilli come personali e moderni rituali, esaltatati dall’estremo realismo che accompagnano l’individuo nel percorso di accettazione e liberazione dalla repressione culturale e dalle convezioni polverose e perbeniste. Supera inoltre il limite della ripetitività e dell’inesauribilità di un desiderio protratto all’infinito che deve andare oltre per giungere a compimento.
Il desiderio che muove e spinge all’azione. L’arma ritratta su fondo nero, esposta e celebrata come metafora non di violenza fine a se stessa, bensì come strumento e tecnica che vincola energie, orientandole e incanalandole con precisione per il raggiungimento dello scopo. L’idea entra nel cervello e si fa liquida, penetra come una pozione sottopelle, e nelle vene. Pulsa e preme finché non trova la via, il mezzo, la forma. Bang. Invade totalmente la parete e sorprende, turba e ipnotizza. Scarna, essenziale e priva di cattive intenzioni. Forse. L’arma ritratta nella sua forma più essenziale, pura, assoluta che ne esalta la fascinazione estetica. Esasperata volutamente nelle dimensioni per confondere e celebrare il richiamo alla bellezza della forzae della potenza.
“Come un magnifico tiranno, non provi alcun senso di colpa”.
Il potere e il bambino ritratto nel dipinto, innocente per natura e privo di sovrastrutture si affaccia fiero e senza timore al mondo, sfidandolo. È un inizio, uno nuovo e incessante, come un gioco. Conquista con il suo sì alla vita ed esprime l’essenza dionisiaca della libertà, giocando nel mondo e traducendolo in un presente immortale.
È una celebrazione della vita che trova l’estrema sintesi nel trittico. Perfetto. Per dimensioni e potenza espressiva inchioda nuovamente la vista a quell’immagine. Così violenta e delicata allo stesso tempo. Epilogo e prologo. Quella figura leggera e delicata come una beata vergine che porta su di sé la perversione strumentale della volontà. Tra macerie che si fanno altare su cui l’artista rovescia e mette in scena la sintesi estrema di questo percorso simbolico attuale, più che concettuale. Così che l’ebbrezza dionisiaca viene rappresentata come stato totale (del corpo), una forza interiore, uno stato di potenziamento e pienezza. Le pulsioni e le forze che muovono esigono controllo e completo dominio, e l’artista (l’uomo, in generale) dovrebbe semplicemente sfruttarle e dominarle per trasportarle nella creazione e nel compimento della proprio natura.
Si coglie il senso della titolazione che, attraverso il rimando esplicito a invocazioni e suppliche e gaudenti celebrazioni, mantiene la promessa ed è un affidarsi – totalmente, ancora una volta – alla volontà (artistica) di Dido Fontana.
Amen.